«L'INFLAZIONE RISCHIA DI ABBATTERE I CONSUMI»

Un’eventuale fiammata inflazionistica negli ultimi mesi di quest’anno ridurrebbe fortemente i consumi delle famiglie con il rischio di impattare negativamente anche sugli acquisti di Natale e rallentare la crescita nel 2022. E' quanto emerge da una stima dell’Ufficio Studi Confcommercio sugli effetti di un rialzo dell’inflazione sui consumi delle famiglie nel quarto trimestre 2021.

 

Infatti, nell’ipotesi di un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi che potrebbero arrivare fino a 5,3 miliardi nell’ipotesi – non tanto irrealistica - di un’inflazione al 4%; in entrambi i casi, quasi i tre quarti della perdita deriverebbero da un’immediata riduzione del potere d’acquisto del reddito disponibile, il resto dall’erosione della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida; su questa riduzione dei consumi pesa, peraltro, anche l’aumento delle spese obbligate per il rincaro dei prezzi dell’energia che si è già trasferito sulle bollette di luce e gas.


Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi, dalle previsioni dei principali paesi dell’area euro delle variazioni degli indici di prezzo non sembra emergere ancora alcuna preoccupazione per i possibili generalizzati rialzi dei prezzi al consumo nel prossimo futuro. Come si vede nella tab. 1, queste indicazioni sono affiancate da quelle del governo del Regno Unito, l’unico Paese che sembra incorporare qualche tensione sui prezzi finali di beni e servizi, che potrebbe perdurare per almeno dodici mesi.

In ogni caso, l’inflazione non attesa riduce, almeno nel breve periodo, il potere d’acquisto dei redditi e degli asset detenuti dalle famiglie in forma liquida, cioè non indicizzata al livello dei prezzi. Le stime, distinguendo la variabile ricchezza finanziaria in liquida e non liquida, sono sintetizzate nella tabella 2: meno 1% e 1,9% circa di consumo a fronte di un incremento dell’inflazione, rispettivamente dal 2% al 3% (primo scenario) e dal 2% al 4% (secondo scenario) nella media del quarto trimestre dell’anno in corso. È del tutto evidente che le perdite approssimativamente stimate vanno lette come conseguenza di un effetto reddito reale negativo cui si aggiunge anche la perdita di potere d’acquisto della ricchezza finanziaria liquida, quest’ultima fortemente cresciuta tra il 2019 e il 2021 soprattutto per la mancanza oggettiva di opportunità di acquisto durante la fase di lockdown o di limitazione della mobilità, oltre che a scopo precauzionale.

 

Per il 70% le perdite stimate sono dovute a immediate riduzioni di potere d’acquisto del reddito disponibile; per la restante parte al minore potere d’acquisto della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquidita e, quindi, non protetta dall’inflazione inattesa.


Che tali potenziali incrementi dei prezzi - essendo piuttosto probabile un abbondante superamento del 3% tendenziale dei prezzi nel quarto trimestre - non comportino alcuna variazione nelle aspettative delle famiglie e non riducano gli acquisti durante l’importante periodo natalizio, appare piuttosto inverosimile.
Inoltre, è possibile ipotizzare una crescita della quota di spesa destinata a spese obbligate, in ragione dell’incremento dei prezzi dell’energia che si è già riflesso sulle bollette di luce e gas (nonostante i sostegni stanziati dal governo per neutralizzare, in parte, gli effetti di tali aumenti sui bilanci delle famiglie, in particolare di quelle più fragili sotto il profilo del reddito da lavoro).


Pertanto, data la rigidità delle spese obbligate - anche rispetto a variazioni dei prezzi relativi - si può immaginare, se gli scenari descritti dovessero risultare verosimili, un impatto piuttosto rilevante sui consumi commercializzabili. Non si possono trascurare neppure conseguenze più rilevanti per l’anno 2022, anche in termini di crescita economica, negativamente influenzata da una minore domanda reale di consumo.

 

“Inflazione e aumento delle spese obbligate potrebbero ridurre i consumi nei prossimi mesi, con il rischio di rallentare la crescita del Paese. Occorre, dunque, utilizzare presto e bene le risorse del Pnrr e iniziare a ridurre finalmente la pressione fiscale su famiglie e imprese, a partire dal costo del lavoro. Solo così si possono rilanciare investimenti e consumi”: così il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commenta le stime degli effetti dell’inflazione nell’ultimo trimestre dell’anno elaborate dall’Ufficio Studi della Confederazione diffuse stamattina.




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