CONFCOMMERCIO E LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO

“Fra tre settimane sarà pronta la riforma dell’articolo 18”. Parola di Maurizio Castro, senatore del Pdl, che, sul fronte del mercato del lavoro, reputa necessaria una riforma profonda. Esigenza condivisa anche dal senatore del Pd, ed ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu.
Entrambi  hanno partecipato nei giorni scorsi all’incontro-dibattito di Confcommercio Veneto sulla riforma del mercato del lavoro, assieme a Emilio Viafora, segretario regionale della CGIL Veneto, Giulio Fortuni, segretario generale dell’Usr CISL Veneto, Jole Vernola della Confcommercio nazionale Welfare, e Adalberto Perulli, professore ordinario di Diritto del Lavoro all’Università Ca’ Foscari di Venezia.
La riforma interessa in Veneto circa 2 milioni di occupati. Oltre 460mila sono impiegati nel Terziario. Di questi, oltre 209mila sono uomini e poco più di 250mila donne. La percentuale complessiva (tutti i settori) di occupati tra i 15 e i 64 anni, nel 2010 superava il 64%, mentre il tasso di disoccupazione era del 4,4%. Attualmente, pur essendo cresciuto, il tasso di disoccupazione del Veneto rimane comunque inferiore a quello della Germania.

ZANON. Ad aprire i lavori, il presidente di Confcommercio Veneto, Massimo Zanon, con una dichiarazione sul denominatore comune tra lavoratori e imprese: “In questo clima di crisi siamo tutti precari – ha detto - Sotto il peso del disequilibrio del sistema distributivo Veneto, e con la ‘minaccia’ delle liberalizzazioni degli orari di apertura dei negozi, un intero sistema legato al terziario rischia di scomparire, trascinandosi dietro una schiera di lavoratori, che, se per singolo impatto numerico non hanno gli effetti della grande industria, nella somma delle piccole imprese rappresentano una realtà considerevole. Ecco perché, anche nel nostro settore, gli ammortizzatori sociali sono ormai indispensabili, come dimostrano gli effetti dell’accordo che Confcommercio Veneto ha appena sottoscritto con i sindacati a livello regionale sulla cassa integrazione in deroga”.

“Per quanto riguarda il contratto unico annunciato nella riforma - ha sottolineato Zanon – dico che è improponibile per molte delle nostre imprese, che lavorano sulla stagionalità, su eventi temporanei caratterizzati da altrettanto temporanei picchi di attività. Ciò non significa che da noi lavori  personale perlopiù precario: ricordo che i noi settori assumono oltre il 40% degli apprendisti totali. Formazione e apprendistato sono, a proposito, elementi da mantenere, anche se in alcuni casi andrebbero organizzati in modo diverso”.

VIAFORA. “Si è detto che un mercato troppo rigido non crea occupazione – ha ribattuto Emilio Viafora, segretario veneto della CGIL – Ma vi pare che con le forme di lavoro flessibili, quelle oggi più diffuse come i co.co.co., i co.co.pro., gli interinali, i lavori a chiamata, si siano creati nuovi posti di lavoro? Ecco perché ritengo che parlare di articolo 18 non sia una priorità: il nostro mercato è già più che flessibile”.
Viafora ha brevemente accennato anche a un altro tema, le liberalizzazioni del commercio, “Che, se sganciate dal contesto reale, rischiano di causare danni. Se vogliamo liberalizzare gli orari, dobbiamo porci il problema su come farà la piccola distribuzione a rimanere sul mercato operando nella legalità”.

PERULLI. “Se è vero che l’articolo 18 è una norma che rappresenta un baluardo nella difesa del lavoratore – ha affermato Adalberto Perulli, docente di Diritto del Lavoro a Ca’ Foscari - bisogna essere sufficientemente realisti per ammettere che nella maggior parte dei casi il reintegro del lavoratore non avviene. Si opta per l’indennità delle 15 mensilità, insomma per la monetizzazione del recesso. È invece piuttosto auspicabile un impianto di flex security sul modello danese, dove la mobilità non è un dramma perché, in caso di perdita del lavoro, si viene accompagnati verso nuova occupazione”.

TREU. “La modifica dell’articolo 18 – ha detto il senatore Tiziano Treu – è solo una piccola parte di ciò che c’è da fare, che deve comprendere anche la riforma del welfare e il rilancio del mercato del lavoro. L'articolo 18 - ha spiegato - non deve essere una bandiera, un simbolo intorno al quale si gioca una partita di potere, né da parte dei sindacati, né da parte delle imprese, e nemmeno dal lato del Governo”. Il padre della riforma del mercato del lavoro che ha aperto la flessibilità in entrata favorendo così la creazione di tanti posti, ma che a suo stesso dire non è stata accompagnata dalla cosiddetta security (“Non ce l’hanno lasciato fare, quella riforma non è stata completata dalla riforma degli ammortizzatori”), dice che oggi il problema si ripropone e che “Va affrontato senza demagogia”. “L'ampliamento del contratto di apprendistato – ha proseguito il senatore del Pd - anche utilizzando bene i nuovi fondi che l'Europa sta per mettere a disposizione, può dare un contributo fondamentale per fare entrare tanti giovani nel mercato del lavoro. Poi c'è la questione degli ammortizzatori, dove bisogna avviare un graduale superamento della Cassa integrazione, specie quella straordinaria, o in deroga, per arrivare, come hanno fatto in Germania ad un sistema capace di favorire sia la formazione del lavoratore, sia una attiva ricerca di reimpiego. Non è un problema da poco ma con l'aiuto dei fondi europei e mettendo a sistema le varie competenze dei vari ministeri e degli enti locali, si possono avviare sistemi di sostegno ai disoccupati più equi e più efficaci”.

CASTRO. Se per il senatore Treu l’articolo 18 non è così centrale, per il collega Castro ha invece una forte valenza simbolica e “La sua riforma – ha detto – darà grande propulsione all’orizzonte dell’economia italiana, che davanti a una maggiore flessibilità porterà a un salto di 2 punti del Pil.  La risposta che i mercati daranno sarà straordinariamente positiva, al di là dell’impatto aritmetico”.
Poi, sulla riforma e il terziario, con riferimento alla riduzione della flessibilità in entrata, ha aggiunto: “Se il contratto unico volesse dire togliere al terziario la possibilità del lavoro a chiamata, come quella dei voucher all’agricoltura, sarebbe un errore imperdonabile, che non consentiremo avvenga. Certo dobbiamo colpire le forme anomale d’ingresso nel mondo del lavoro, come le partite Iva fasulle, i finti co.co.co., le associazioni di partecipazione bugiarde. Il sistema è semplice: porti il livello del costo contributivo allo stesso livello del costo del lavoro dipendente, così scoraggi le scorrettezze. Dall’altra parta bisogna attuare un apprendistato agile, svelto, a bassissimo costo; condizione indispensabile, quest’ultima, perché incentivante rispetto alle forme anomale contrattuali. Ecco che il problema si risolverebbe da solo”.

VERNOLA. Proprio sull’apprendistato e sulla formazione si è concentrata parte dell’intervento di Jole Vernola,  responsabile del welfare della Confcommercio nazionale: “Noi abbiamo un obbligo contrattuale condiviso con i sindacati per una conferma dell’80 per cento delle assunzioni in apprendistato – ha precisato - Per quanto riguarda la formazione professionale, è necessario che venga fatta in azienda, e forse questo consentirà di superare gli ostacoli legati al fatto che spesso le aziende non riescono a star dietro a una programmazione regionale discontinua e complicata. Fateci completare questo percorso - è l’appello -  Fateci mettere in pista questo nuovo apprendistato. E soprattutto non togliete alle imprese modalità contrattuali di cui hanno bisogno”.




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